In percentuale l'Italia è agli ultimi posti quanto a numero di infermieri in rapporto alla popolazione: solo 5,3 operatori per mille abitanti.
La Vicina Germania vanta, infatti, un ragguardevole 9,6, seguita dagli Stati Uniti con un 8,1. Ma è l'Irlanda che detiene il primato, con un ragguardevole 15,9.
Nel nostro paese, invece, viviamo una paradossale situazione per la quale si contano più dottori che infermieri; un rovesciamento davvero preoccupante, se si pensa alle mansioni che queste due professioni sono chiamate a svolgere nel servire il paziente.
L'OCSE (L'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ritiene che un equo rapporto dovrebbe ottenersi quanto vi fossero 7 infermieri ogni mille abitanti.
Questo significa che in Italia mancano più di 80.000 infermieri.
La significativa carenza, per altro, si fa sempre più pesante se si pensa che ogni anno vengono formati circa 3.500 nuovi infermieri, ma che oltre 12.000 lasciano la professione per raggiunti limiti di età.
Né gli extra-comunitari pare possano colmare questo disavanzo, come inizialmente si è sperato: sono solo qualche centinaio all'anno coloro che richiedono di essere integrati nell'organigramma e che possiedono una qualifica adeguata.
Non è esagerato definire questa situazione una reale emergenza. Più di una struttura ospedaliera rischia la paralisi, così come è diventato pressoché impossibile trovare un infermiere libero professionista disponibile ad offrire prestazioni private a domicilio.
Per questa ragione, nel nostro Paese, le aspettative di prima occupazione per gli infermieri non superano i sei mesi, un dato davvero esaltante se si confronta con i quattro anni dei medici e di numerose altre professioni.
Ciò nonostante i giovani studenti non sembrano attratti da una questa grande opportunità lavorativa che è anche una gratificante scelta di vita.